Quello che stiamo vivendo è il momento in cui ci viene richiesto di fermarci, di restare a casa e impedire la diffusione dell’epidemia. È anche il momento in cui emergono in modo drammatico le prime conseguenze dell’emergenza Covid-19 sui mercati e sulle professioni legate al mondo del verde, e in cui si cominciano a fare le prime stime di quanto potrà "costare", da tanti punti di vista.
Tuttavia, con la speranza che torneremo presto a una vita normale, GardenTV realizzato un approfondimento per cominciare a pensare – nonostante il momento di profonda incertezza - come sarà il nostro settore dopo questa tremenda emergenza, quando inizierà la ripresa e il comparto del giardinaggio ricomincerà a lavorare e crescere.
Per questo abbiamo chiesto, attraverso diverse interviste, il parere di alcuni professionisti in rappresentanza di tutta la filiera del giardinaggio.
Si parte necessariamente dal presente e dai risvolti immediati che il lockdown sta avendo sugli acquisti. In termini di fatturato, in base a un’indagine interna condotta da Comagarden, il primo trimestre dell’anno ha visto nel comparto garden cali quantificabili in una forbice compresa tra il 5% e il 10%.
Tra queste vanno annoverati sicuramente i problemi di approvvigionamenti, e il rapporto con l’e-commerce, diventato in queste settimane preponderante, a fronte dei divieti di vendita nei canali “tradizionali” di alcune tipologie di prodotto.
«Molte persone hanno riscoperto il “piccolo negozio sotto casa” e spero se ne ricorderanno a emergenza finita. Allo stesso modo alcuni negozianti hanno sperimentato “servizi” nuovi e che prima non proponevano come la “consegna a domicilio” racconta Daniele Bianchi, responsabile commerciale di Grin, azienda tutta “Made in Italy”, che al momento non ha problemi di magazzino e si dice convinto che «sia cresciuto parecchio l’orgoglio di acquistare italiano».
«Per alcune settimane – prosegue Bianchi – l’acquisto sul web è stata l’unica opzione percorribile per alcune tipologie di prodotto. Sicuramente anche un pubblico meno in sintonia con questo canale di vendita ha sperimentato l’e-commerce. C’è chi dice che vivremo una fase di transizione nella quale molti avranno “paura” a tornare nei negozi, ma credo che alla fine ritorneremo alla situazione di qualche mese fa».
Anche Araldo Da Pozzo, pur da un "punto di vista" diverso, quello di Sales Manager South Europe di una multinazionale come Briggs & Stratton, ritiene che «il mercato nazionale non cambierà più di tanto». Bisognerà comunque mettere in conto una lunga contrazione che potrebbe durare anche mesi, soprattutto per quanto riguarda i prodotti «non indispensabili». Per quanto riguarda l’approvvigionamento, i problemi sono già cominciati. Spiega Da Pozzo: «Ci saranno sicuramente anche in futuro, in un mondo dove le produzione e la distribuzione lavorano per la maggior parte con un sistema “just in time”. Inoltre questo virus si sta manifestando in modo disomogeneo in tutti i paesi del mondo e sia l’import sia l’export avranno notevoli difficoltà, anche perché ormai tutti i produttori hanno i loro fornitori e consumatori sparsi per tutta l’Europa e per tutto il mondo».
Per quanto riguarda l'aumento dell’e-commerce, serve prudenza: «Al momento – prosegue Araldo Da Pozzo – sappiamo che chi lavora con le vendite online sta facendo dei buoni risultati. Ma anche in questo caso tutto è legato ad una “catena” della quale nessuno di noi è in grado di sapere quanto questa possa reggere».
Ma cosa succederà dopo, quando le misure di distanziamento sociale verranno allentate? Non usa mezze parole Daniele Bianchi per descrivere lo scenario che si presenterà alla fine dell’emergenza: «Sarà qualcosa di epocale, perché l’economia moderna non ha mai vissuto una situazione del genere». La riflessione abbraccia non solo l’aspetto economico, ma anche quello sociale. «È ovvio che i consumi ne risentiranno e in alcuni settori più che in altri. Devo dire che in questo periodo di “pausa” – aggiunge Bianchi – abbiamo ricevuto tanti contatti da appassionati del verde, che dimostrano come il giardino stia vivendo quel cambiamento da incombenza a passione. Questo mi fa sperare che il nostro settore possa avere un risveglio leggermente migliore di altri».
I tempi della ripresa sono una variabile fondamentale, secondo Renato Cifarelli, dalla quale dipenderà la possibilità di far ripartire produzione e distribuzione per recuperare parte della stagione persa, oppure se i tempi dovessero essere più lunghi bisognerà mettersi alla ricerca di nuove strategie di programmazione di presenza sui mercati.
Della stessa opinione è anche Araldo Da Pozzo, che immagina «una ripresa lenta e difficile. Questo problema è arrivato proprio nel momento peggiore che potevamo aspettarci, visto che sappiamo bene che per il comparto del giardinaggio i mesi primaverili sono i più importanti. Si sente dire in giro che fino alla fine di luglio non torneremo a una normalità effettiva: se così fosse mi sento di dire che praticamente possiamo considerare la stagione conclusa».
Per chi invece lavora in giardino, ripresa vorrà dire prima di tutto far fronte per prima cosa a una serie di scadenze slittate, di lavori non eseguiti, ma – è convinto Luigi Pinna, manutentore del verde, di Progetto Verde Olbia – «si tornerà pian piano alla normalità, anche se ci saranno rallentamenti e proroghe dei lavori già fissati». Il settore del resto è legato anche, fa notare, ad altri bloccati, come i cantieri edili.
«I tappeti erbosi abbandonati andranno sicuramente ripresi immediatamente, quindi lo sfalcio, la pulizia nei parchi, la sistemazione delle siepi e così via, per poi riprendere le manutenzioni ordinarie», spiega Pinna. Rimboccarsi le maniche: sarà questa per tutti la prima cosa da fare. E usano la stessa espressione sia Araldo da Pozzo, sia Daniele Bianchi rispondendo alla nostra intervista. Scrollarsi di dosso la paura, rimettersi al lavoro, sfruttare quello che questa esperienza ha insegnato per ripartire in modo proficuo.
Ma quali insegnamenti si potranno trarre da questo periodo, a livello professionale? Il ricorso, ora obbligato, a diverse modalità di lavoro agile potrà diventare un nuovo strumento. «Questa esperienza senza dubbio porterà a molti ripensamenti che coinvolgeranno quasi tutte le funzioni aziendali – commenta Renato Cifarelli – Dall'uso del lavoro agile, da casa, che molti hanno avuto modo di sperimentare, alla organizzazione interna con magari una maggiore attenzione per le esigenze dei genitori e delle persone con problemi di salute. Magari qualche viaggio in meno, visto che per necessità l'uso di teleconferenze si è rapidamente allargato dalle multinazionali, che l'hanno sempre usato, non solo alle aziende ma anche alle famiglie, forzatamente separate in questo periodo. Anche l'importanza di sistemi informativi solidi e con connessioni ad alta velocità sarà considerata strategica. Dal lato supply chain è probabile che vi saranno alcuni ripensamenti strategici su diversificazione fornitori, accorciamento della catena, nonché un ritorno a fornitori più vicini territorialmente e questa potrebbe essere un’opportunità per la subfornitura italiana».
Grin, spiega Daniele Bianchi, è un’azienda che ha affrontato l’emergenza con già «il 90% delle funzioni aziendali disponibili per il regime di smart working. Qualche anno fa, crescendo in dimensioni, Grin ha deciso di investire molte risorse per una riorganizzazione interna volta al miglioramento del servizio che in questa situazione di emergenza ci è tornata molto utile e che credo sarà fondamentale durante la ripresa. Per noi l’insegnamento che possiamo trarre è quello di continuare in questa direzione e di sviluppare una cultura aziendale più solida anche se ciò non comporta una redditività immediata nel lungo periodo è una strategia vincente».
Resta tuttavia la necessità di una presenza fisica, nelle visite ai clienti come nelle manifestazioni fieristiche – fa notare Araldo Da Pozzo: «Sicuramente la privazione di qualsiasi contatto e l’impossibilità di visitare i clienti ci insegnano quanto sia indispensabile, nel nostro settore, la percezione fisica della situazione e della condizione di colui che acquista i nostri prodotti. Forse potendo imparare da quello che adesso ci manca, potremmo sicuramente dare un valore diverso ad una visita da un cliente o a una manifestazione fieristica intesa come scambio di opinioni con utilizzatori e perché no anche concorrenti».
Per un manutentore del verde, l’insegnamento è diretto invece alla capacità di affrontare le emergenze, l’imprevisto: «e questa volta non è stata la rottura di una cinghia, ma qualcosa che mai avremmo pensato. Senza dubbio questa “esperienza” ci insegnerà ad esser più preparati, per prevenire qualsiasi imprevisto e per riuscire ad apprezzare maggiormente il nostro lavoro», dice Luigi Pinna.
A cambiare saranno inevitabilmente anche i rapporti con gli altri: colleghi, consumatori, fornitori, clienti. E l’impegno dovrà essere indirizzato a risolvere problemi, come quello dei pagamenti, che l’emergenza ha evidenziato in modo anche drammatico. Dice il presidente di Comagarden: «È difficile capire quanto resterà di questa esperienza, e se riusciremo ad affrontare i rapporti lavorativi con maggiore flessibilità e capacità operativa. Un aspetto su cui sarà necessario interrogarsi è quello che riguarda la correttezza e il rigore rispetto agli impegni economici. Il problema dei mancati pagamenti e dell’insolvenza di molte aziende che fanno parte della filiera del gardening è emerso in modo vistoso, e dovrà essere gestito con maggiore senso di responsabilità. Quello che stiamo imparando è che se i flussi lungo la catena in qualche modo si interrompono ne risentiamo tutti».
Gli fa eco Daniele Bianchi: «è chiaro che tutti dovranno fare il loro cercando di rispettare contratti e pagamenti. Spero soltanto che questa situazione non possa alimentare la voglia di “fare i furbi”».
L’altro aspetto fondamentale sarà la cura del rapporto con i clienti, come sottolinea Araldo Da Pozzo: «Occorrerà ricostruire i rapporti ‘umani’ con clienti e utilizzatori finali, che in questo momento sono sacrificati al massimo se non del tutto inesistenti; credo che comunque sia, apparteniamo ad un settore ancora parecchio tradizionalista che predilige il contatto con il venditore, o con il tecnico invece di un plastico raffronto con un assistente virtuale o una mail, pertanto credo che passato il ‘temporale’ ci dovremmo dedicare anche a ristabilire questi equilibri».
Anche per Luigi Pinna la gestione dell’imprevisto servirà anche a offrire ai clienti una migliore organizzazione del lavoro e lo stesso verso i fornitori.
Guardando al futuro non si può fare a meno di pensare che ci saranno anche aspetti della vita “prima del Coronavirus” che difficilmente torneranno com’erano e questo riguarda anche l’ambito professionale.
«Non è facile fare una previsione, perché alcune trasformazioni relative alle modalità di lavoro sono in effetti molto probabili, ma c’è anche un fattore psicologico che è tutto da valutare – riflette Renato Cifarelli – Per un verso c’è, come abbiamo detto, una spinta verso la digitalizzazione, e stiamo sviluppando le nostre attitudini nei confronti del lavoro remoto, delle riunioni online e della gestione di tante operazioni sulla rete piuttosto che di persona. Questo bagaglio probabilmente ci rimarrà e potrà essere parte integrante di nuove modalità di lavoro. Per altro verso è possibile che il disagio vissuto in settimane e mesi di rapporti lavorativi mediati dai supporti tecnologici faccia riscoprire il valore del contatto diretto e del rapporto empatico tra chi condivide un ufficio o un luogo di lavoro. Potremmo riscoprire un nuovo “umanesimo” nei rapporti tra le persone e magari ristabilire la giusta distanza rispetto ai “mondi virtuali’».
Molte manifestazioni di settore che erano previste all’inizio dell’anno sono state rimandate da settembre in poi: il rischio potrebbe essere quello di un “sovraffollamento” di manifestazioni dedicate al giardinaggio che potrebbe risultare controproducente, anche per l’impossibilità degli espositori / visitatori di partecipare a più eventi molto ravvicinati? «Sicuramente sì, anche se il programma degli eventi fieristici si andrà definendo sulla base dell’andamento dell’emergenza virus. Ci conforta sapere che, quale che sia il calendario fieristico di quest’anno, l’emergenza passerà, e ogni manifestazione di settore tornerà a collocarsi nel suo spazio tradizionale», conclude Cifarelli.
Anche Araldo Da Pozzo è d’accordo sulla necessità di considerare una “variabile psicologica” ancora tutta da stimare: «Ci vorrà del tempo perché ognuno di noi riacquisti fiducia in generale; se ci impegniamo già ora per quanto sia possibile a infondere coraggio e spingere il mercato verso una positiva condizione mentale, faremo meno fatica a rientrare in pista non appena sarà possibile; sicuramente ci aspetta un tempo con ‘marce ridotte sempre innestate’ alla quale ci dovremo adattare, ma speriamo sia il più breve possibile».
Sarà un mondo che avrà bisogno del massimo impegno da parte di tutti, quello post Covid, ne è convinto Daniele Bianchi: «Non ci sarà più posto per chi “scalda la sedia”. In momenti come questi tutti dovranno essere responsabili, professionali e volenterosi. Noi siamo nati nel 2005 e dopo pochi anni abbiamo vissuto una forte crisi economica, se da un lato quel difficile momento ha creato grandi difficoltà dall’altro ci ha fatto incontrare persone molto valide che erano disposte a rimettersi in gioco. Credo che si possa prospettare una situazione simile».
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