Un orto senza suolo? Sembra questa la direzione indicata dalle ricerche che si svolgono attorno al tema dei cambiamenti climatici. In realtà, nonostante possa sembrare un’idea futuristica, riprende tecniche di origine molto antica, come i giardini pensili di Babilonia o le coltivazioni sulla sabbia dell’antico Egitto, o ancora quelle sulle zattere in Cina o sulle isole galleggianti degli Aztechi messicani.Per il momento in Italia, nonostante l’imponenza degli studi, è stata poco praticata, ma in paesi come l’Olanda è già un metodo assai diffuso. Ne ha parlato “Repubblica” qualche giorno fa, intervistando Accursio Venezia, ricercatore del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Pontecagnano.Lo studioso ha spiegato al quotidiano che si tratta di un sistema grazie al quale si possono produrre verdure come pomodori, cetrioli, peperoni, lattughe e ortaggi a foglia larga, ma anche fragole e addirittura fiori.Il vantaggio per il pianeta è rappresentato dal minor impiego di terreni e soprattutto di diserbanti e fertilizzanti. Il sistema delle colture fuori suolo fa sì che le piante siano nutrite con i soli elementi minerali di cui hanno bisogno attraverso l’aria e l’acqua, che tra l’altro vengono riutilizzate, evitando così una dispersione di risorse. Si tratta infatti di un sistema a ciclo chiuso.In Olanda la coltivazione fuori suolo è impiegata già nel 90% delle serre, mentre in Italia solo sul 10%, nonostante i grandi passi avanti compiuti dagli studiosi del nostro paese e il numero di pubblicazioni sul tema.
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