Cosa significa svolgere la professione di giardiniere nel 2017? Per rispondere a questa domanda sono molti i temi da tenere in considerazione e le questioni ancora aperte da valutare: la formazione e l’aggiornamento professionale, l’ipotesi della creazione di un albo, l’informazione e l’uso di nuove tecnologie applicate alle attrezzature, la scelta tra trattamenti chimici o bio. Per offrire una panoramica su tutti questi argomenti, GardenTV ha intervistato Luca Caprotti, giardiniere professionista che svolge in proprio questo lavoro da molti anni, collaborando talvolta anche con colleghi e cooperative.
Rispetto agli inizi come è cambiata la sua professione in termini di competenze acquisite? A tale proposito reputa importate un continuo aggiornamento professionale? Per esempio i vari “patentini” (guida trattori / fitofarmaci, ecc.) e altro?
Ho cominciato a svolgere questa attività proprio quando i patentini hanno cominciato a diventare obbligatori. Riguardo alla loro utilità in generale la risposta è sì, anche se è necessario fare alcune distinzioni. Prendiamo il caso di quello per la guida dei trattori: certamente è utile per chi lavora all’interno di cooperative, ma il giardiniere da condominio è difficile che possa trovarsi a guidare un macchinario del genere.
Diverso è il discorso per i fitofarmaci è praticamente un requisito obbligatorio per un giardiniere, che sicuramente, più o meno spesso, si troverà ad acquistare e maneggiare questi prodotti.
Dipende anche da che tipo di giardinaggio si pratica, se con approccio chimico o bio; va detto comunque che anche in quest’ultimo caso è necessaria attenzione alla sicurezza. I corsi spiegano l’uso dei DPI, davvero fondamentali se ci si vuole salvaguardare da malattie professionali che possono insorgere alla lunga. Anche in questo campo però tutto dipende da come si svolge il proprio lavoro: ho visto giardinieri dare il diserbante in sandali! È chiaro che chi lavora in proprio (a differenza delle cooperative che sono obbligate a fornire a tutti i DPI ai dipendenti) è soggetto a meno controlli, ma ciò non toglie che questi dispositivi, pur se a volte scomodi, siano fondamentali.
Restando in tema di formazione e aggiornamento: come resta aggiornato su quel che riguarda) il suo mestiere? Trova soddisfacente l’offerta di corsi di formazione?
Per chi vuole formarsi, le possibilità sono davvero molte e molti sono i centri di formazione. Trovo molto interessate, per chi però ha già una buona preparazione di base, anche la consultazione di siti web che offrono informazioni aggiornate.
Utile è anche girare i vivai per conoscere le nuove varietà. L’ideale sarebbe anche avere un pezzo di terreno per fare prove.
È favorevole al riconoscimento professionale della categoria e a una sorta di albo? Quali criticità ci trova?
Certamente non posso che essere a favore, per contrastare molta improvvisazione cui purtroppo si assiste: oggi basta avere un mezzo e aprire una partita iva per proporsi come giardiniere. Ma questo mestiere richiede di più. Un albo professionale permetterebbe di aumentare il livello da parte di tutti, di dare un tariffario omogeneo, sarebbe un vantaggio per la maggior parte degli operatori.
Tra le criticità mi sembra di vedere una mancanza di volontà: di riconoscimento professionale si parla da molto, ma ancora non si è arrivati al risultato.
Quali sono gli interventi più comuni che le vengono chiesti? Le richieste dei clienti sono cambiate negli ultimi anni?
Il lavoro in realtà è molto vario, a seconda che si lavori per il pubblico, il privato, o un condominio. Gli interventi più richiesti sono sempre quelli di manutenzione: sfalcio dell’erba, siepi, potature. In questo senso le richieste non sono cambiate e nemmeno la tipologia di giardino. Nella mia ottica però il giardiniere può proporre qualcosa in più.
Per esempio?
Spesso propongo il bio, anche se non è semplice spiegare le differenze, i tempi richiesti. Riguardo a questo argomento c’è un’attenzione, anche se ancora marginale, in più. Ho provato ad applicarlo anche a un condominio, per il diserbo di un corsello box su cui affacciavano le finestre. Va detto però che i prodotti bio, in termini di numero di interventi necessari, non sempre sono efficienti come quelli chimici e i costi diventano così più alti, poiché sono richieste uscite in più.
Si tratta però di un tema che richiede un’attenzione diversa a tutta la gestione del giardino, dalla concimatura alla potatura e in alcuni casi cambia l’estetica (pensiamo ai prati).
Per quanto riguarda le attrezzature, invece, le nuove tecnologie hanno migliorato la qualità del lavoro? A suo avviso lo hanno semplificato?
In generale sì. Un discorso sempre più interessante è per me quello delle attrezzature elettriche, anche se non sempre la resa è pari e dunque a mio parere non siamo ancora pronti a un totale switch-off. Sono però macchine che non inquinano, soprattutto per chi le utilizza.
A questo proposito, alcuni suoi colleghi hanno manifestato una sorta di reticenza verso macchine come i robot rasaerba che secondo loro possano sottrarre lavoro ai giardinieri, soprattutto per quanto riguardo lo sfalcio. Il taglio dell’erba è ancora uno dei maggiori introiti? I robot possono essere considerati dei “competitor”?
Anche in questo caso, dipende da come si pratica questa professione. Certo, c’è chi vede i robot come competitor dal momento che in una tabella annuale di programmazione del lavoro, per esempio di un condominio, il taglio dell’erba rappresenta ancora la voce maggiore. Io credo invece che il giardiniere, e qui si registra di nuovo la differenza tra chi è formato e chi no, possa per esempio offrire consulenza per la manutenzione, sull’uso e la programmazione della macchina e in generale sulla gestione del giardino: il taglio non è tutto.
In che modo si informa circa le novità nell’ambito delle attrezzature e macchine per il suo lavoro?
Attraverso riviste di settore specializzate e fiere, che sono per me la cosa migliore, perché permettono di parlare con le case produttrici. L’unica pecca è che spesso non è possibile provare le macchine e invece questo è un momento davvero importante. Spesso ci si confronta anche tra colleghi.
Quanto investe sull’aggiornamento del suo parco macchine?
Per le operazioni standard ho un parco macchine base, mentre per le operazioni extra, che si svolgono più di rado, mi rivolgo al noleggio, il classico esempio è l’arieggiatore.
Ormai anche in questo ambito si trova di tutto e noleggiare permette anche di provare le macchine, oltre che di avere modelli sempre nuovi, anche se il costo del noleggio è a carico di chi commissiona il lavoro.
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